La selezione del personale

Oggi voglio parlarti di team management, una delle funzioni più complesse e affascinanti che un imprenditore o un manager è chiamato a gestire. Esistono degli strumenti per svolgere meglio questo compito? Quali sono e come si utilizzano?

Ve ne parlo perché nella mia recente storia professionale ho avuto l’opportunità di realizzare, insieme a un team di Psicologi delle Organizzazioni e alla Società Selexi, nostro partner, un software che rende questo compito più semplice e aiuta a svolgere alcune fasi di questa attività scientificamente con l’ausilio di tool di estrazione, appunto, scientifica.
Ma partiamo dall’inizio…

Nell’ambito della gestione del personale possiamo identificare tre fasi: la selezione, l’inserimento, la maturità del rapporto. Ognuna di queste ha delle sotto dimensioni, che via via si completano assicurando il passaggio da una all’altra.

Focalizziamoci sulla prima, la selezione.
Un processo cruciale, che se gestito bene ci consente di attirare dei fuoriclasse e di mettere insieme dei veri e propri dream team, ma se al contrario viene affrontato in modo sbagliato rischia di causare dei danni enormi alla nostra realtà.

Per comprenderlo meglio, iniziamo visualizzando tre momenti: la prima, la valutazione delle attitudini; la seconda, delle capacità tecniche; la terza, della sensibilità e della visione.
Punto focale e di partenza di questi tre momenti è appunto il primo: le soft skill. Il termine, di cui oggi si sente molto parlare, è la traduzione di ciò che noi chiamiamo più comunemente attitudini.

Valgono di più delle cosiddette hard skills? Senz’altro. Bravissimi tecnici che non hanno capacità di collaborare con gli altri ragazzi del team, sono elementi tossici per quelle realtà dove si lavora a progetto o a commessa.

Selezione, inserimento e rapporto sono le 3 fasi fondamentali del processo

Lavoro da dieci anni nel settore della comunicazione, e ho imparato a preferire, e quindi a selezionare, i miei collaboratori partendo dal presupposto che i gap tecnici si possono sempre recuperare grazie alla formazione, mentre la mancanza di determinate attitudini è difficilissima da gestire.

Pensiamo alla propensione al cambiamento ad esempio, una qualità che in questi giorni è vitale per quelle realtà che devono fornire ai propri clienti servizi sempre più dinamici e adattivi; o allo stile di problem solving, la capacità di risolvere problemi di diversa natura adottando strategie risolutive note o inventandone di nuove in base al tipo di problema che si deve affrontare, aspetto cruciale nella mia realtà aziendale; o ancora altre caratteristiche individuali come la flessibilità, l’assertività etc. etc.. Quanto vale la comprensione di queste caratteristiche soggettive dei nostri futuri collaboratori in fase di recruiting? Più o meno dell’abilità di utilizzo di un determinato software o la conoscenza di un processo di produzione?

Valutare correttamente le soft skills porta alla creazione di un efficiente team di lavoro

Quando affermo che selezionare partendo dalle soft skill è fondamentale, voglio sottolineare che una buona comprensione del profilo psicosociale del collaboratore ci consentirà il suo corretto instradamento nella funzione che è chiamato a svolgere, grazie una capacità predittiva utile ad assicurarne il soggiorno in azienda in modo efficace per lui e tutto il team.

Certamente non possiamo pensare che le capacità tecniche passino completamente in secondo piano: non dobbiamo pretendere che una persona che non sa l’inglese faccia le traduzioni in italiano, è ovvio!

Per questo una seconda fase, importante ma non quanto la prima, è la valutazione delle hard skill. Come svolgerla? Io ho imparato che il modo migliore è fornire al candidato un progetto reale, proporgli di lavorarci sopra, per poi valutare il risultato. Tendenzialmente preferisco che questa fase si svolga da remoto.

I due principali metodi di valutazione delle Hard Skills…

Una persona che si sente valutata, specie sotto il profilo tecnico, da il meglio se svolge il test in una situazione in cui è a suo agio, non in una stanza fredda e anonima. Si prenderà il suo tempo e darà sfogo a tutte le sue abilità per cercare di ottenere il lavoro. Inoltre, se fosse lui il tuo candidato ideale, poi lo metteresti a lavorare in una stamberga? Se hai valutato correttamente la sua capacità di adattamento, non sarà la postazione di lavoro ad influenzare il suo rendimento.
Quindi io preferisco perdere poco tempo e chiedo a uno dei miei collaboratori di mandargli un lavoretto, poi aspetto l’output finale.

Un altro sistema che ho sempre trovato divertente, anche se un po’ infido, sono i trabocchetti: consegno a un copy un testo di 300 battute con un singolo refuso ben nascosto all’interno. Quindi gli chiedo di rivederlo e darmene una sua versione. In realtà non valuterò soltanto la sua abilità nello scrivere il nuovo testo, ma la capacità di aver trovato il refuso e, soprattutto, il coraggio di avermelo detto. Soft skill? Hard skill? Direi tutte e due.

E qui veniamo alla terza fase, quella del colloquio. Di recente ho frequentato un corso di aggiornamento di team management e ho sentito un’affermazione che ho trovato giustissima. È il momento più pericoloso di tutto il processo. Per questo è utile che venga svolto come ultima fase. Ma perché è così pericoloso? Ma soprattutto noi durante il colloquio, sappiamo cosa stiamo valutando? Ancora una volta le attitudini? Le capacità tecniche? O c’è dell’altro. Se abbiamo svolto i primi due processi da remoto, perché ripeterli?

La risposta è che in questa fase non dobbiamo valutare nulla di tutto questo. Qui dobbiamo comprendere a fondo il terzo elemento, il più importante: la comunione della visione.
Un rapporto professionale duraturo tra collaboratore e azienda si attua quando tutto il team è allineato alla stessa visione (bada bene, dell’Azienda, non la tua), si hanno degli scopi comuni, e si collabora per raggiungerli.

La comunione di visione tra candidato ed azienda è l’elemento più importante

Come fare a comprendere tutto questo?
Se sei arrivato fino a questo punto sarà la tua, e la sua, sensibilità a guidarti. Qui si che l’istinto e il contatto umano servono per davvero. Aggiungerei che in certi tipi di professioni, specie quelle creative che sono abituato a valutare, ma non solo, l’affinità si svela parlando più informalmente di aspetti professionali, a volte sfogliando un libro di grafica, commentando un sito web che è stato premiato, citando quell’advertising in TV che ci è piaciuto molto.

Il gusto, gli obiettivi comuni, l’idea di azienda, si scoprono e si svelano in una piacevole danza, in cui è bello capire se si va a tempo insieme. E quando questo succede, devi solo seguirne il flusso.

P.S.: se vuoi comprendere meglio come valutare scientificamente, anche online, le soft skill, fai un giro qui:

www.mitonline.it.

Troverai un software che ho sviluppato in collaborazione con un team di docenti di Psicologia dell’Orientamento e delle organizzazioni e con il partner Selexi, azienda leader nella gestione dei processi di selezione e concorsi pubblici. Un applicativo grazie al quale la valutazione delle attitudini in fase di recruiting e non solo avviene grazie a parametri psicometrici e questionari dal risultato scientificamente testato. Poi fammi sapere se ti è stato utile!